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Perché i maggiori pericoli non sempre fanno paura?

Come può accadere che un soggetto normalmente responsabile, accetti talvolta di correre un rischio elevato sul posto di lavoro?
In moltissime situazioni della vita quotidiana, un individuo non metterebbe mai in atto un comportamento che fosse altamente rischioso per la sua incolumità personale, ma questa necessità di auto-protezione non è sempre percepita allo stesso modo da parte di chi si mette al lavoro.

Ciò avviene perché nell’individuo convivono due forme di pensiero: quello controllato e quello automatico.
Applicando il primo, l’individuo pensa in modo razionale e consapevole.
Mettendo in atto il secondo invece, l’individuo usa tutta quella parte del pensiero che sfugge al suo controllo e adotta delle decisioni automatiche, ragionando in modo inconsapevole. Il rischio che si corre in questo caso è quello di cadere in distorsioni che non ci permettono, ad esempio, di avere una corretta percezione del rischio.

Un esempio riferito al nostro specifico campo di interesse, è quello che si verifica davanti ai così detti eventi invisibili, quelli che ci raffiguriamo con maggiore difficoltà, perché non sono di facile rappresentazione.
Nella vita quotidiana, l’esempio più calzante è quello della difficoltà a percepire i danni derivanti dal fumo.
Nel campo della verniciatura, si pensi invece alla pericolosità di solventi e diluenti, di pigmenti coloranti, di additivi di vario genere, tutti con elevate proprietà tossiche, i cui effetti però, in quanto non immediatamente e concretamente visibili, vengono percepiti con maggiore difficoltà e, di conseguenza, sono meno temuti.

È in casi come questo che una pericolosa sottovalutazione del rischio, può aumentare la probabilità che l’evento dannoso si verifichi.

Cristiana Clementi

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