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La professione del dimostratore negli impianti di verniciatura

Nel nostro settore accade spesso che le innovazioni tecnologiche relative alle apparecchiature di verniciatura vengano enfatizzate su riviste specializzate o in accattivanti pubblicità dei produttori.

Un tempo invece, quando le apparecchiature elettrostatiche per l’applicazione di prodotti liquidi non erano così di uso comune, ad essere sotto i riflettori era la figura del dimostratore: i produttori di apparecchiature impiegavano infatti personale qualificato che, a fronte di prove comparative con i sistemi utilizzati dai clienti, si impegnava a dimostrare la validità delle nuove apparecchiature non solo con argomentazioni tecniche, ma esponendosi in prima persona mettendo in atto una vera e propria competizione pratica con il verniciatore del cliente. Questi era quasi sempre restio alle innovazioni, ritenendo che tutto ciò che era nuovo potesse sminuire le sue capacità di verniciatore e l’impresa quindi non era semplice. Si cominciava allora con il pesare il prodotto, prima e dopo la prova, confrontando poi il consumo dello stesso riscontrato dopo la verniciatura di un ugual numero di pezzi, stimando il tempo impiegato per la verniciatura dei manufatti, e valutando da ultimo l’aspetto finale del prodotto.

Tutto l’iter era documentato in un rapporto che veniva lasciato in copia anche al cliente, affinché questi non fosse influenzato nel valutare positivamente l’esito della prova solo da un fatto visivo o emotivo. Spesso il dimostratore non era un abile verniciatore, ma doveva garantire ai manufatti una finitura uguale a quella dei pezzi prodotti normalmente dall’operatore del cliente. Se i pezzi apparivano colati, con sopra spessori o altri difetti di verniciatura, la dimostrazione si rivelava un fallimento. Ed allora il dimostratore, dopo aver smontato l’impianto, mentre rientrava in sede, aveva tempo e modo di riflettere sul suo operato e, senza timore di mettersi in discussione, ripercorreva le varie fasi delle sue operazioni, per verificare dove avesse sbagliato.

Il fattore umano era allora preponderante: si contava molto sulle proprie capacità e la riuscita della prova era quasi un punto d’orgoglio.

Oggi invece, la sensazione è che la tecnologia abbia sollevato gli operatori dalla responsabilità della buona riuscita, affidandosi, per un perfetto funzionamento dell’apparecchiatura, esclusivamente a parametri predefiniti, ma un po’ spersonalizzanti.
Con il tempo quindi la figura del “vecchio” dimostratore è andata pian piano nell’ombra….

Un po’ di nostalgia per i vecchi tempi e per quel briciolo di cuore in più che ci si metteva?

Salvatore Rampinelli

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