Quando si parla di professione verniciatore non si può non soffermarsi su quanto questa attività sia ancora troppo poco riconosciuta professione, motivo per cui l’addetto a tale mansione spesso non viene ancora sufficientemente formato e informato sulle norme di sicurezza, sui processi applicativi, e sulle attrezzature impiegate.
Nel contempo non si può negare la capacità di alcune categorie di verniciatori, ad esempio i carrozzieri, che possono essere considerati dei veri artisti del colore.
Ma osserviamo un po’, con maggior attenzione, il verniciatore nell’intento di svolgere la sua mansione nel suo habitat naturale: la cabina di verniciatura. A volte scopriremo che, pur riconoscendogli una notevole capacità operativa, quello che lascia ancora a desiderare è il suo concetto di sicurezza e di tutela della salute, entrambi ancora molto distanti dalle sue corde.
Un elemento importante di tale atteggiamento può essere correlato ad una non corretta percezione del rischio, dovuta ad una mancanza di presa di coscienza di quali sono realmente i rischi che corre nello svolgere la sua mansione, cosa che porta a non far collimare il rischio reale con il rischio percepito.
Consideriamo come esempio l’assorbimento per via respiratoria di sostanze estranee da parte del nostro verniciatore il quale, con l’inalazione dell’aria dell’ambiente (cabina di verniciatura), se non correttamente protetto da opportuna maschera, può introdurre insieme all’aria stessa, tutto ciò che è ad essa mescolato, sotto forma di vapore, di microscopiche particelle liquide (aerosol) o di micro particelle solide (fumi e polveri).
Questo comporta che il nostro verniciatore se inala polveri, fumi, nebbie, può irritare la gola e le vie aeree superiori. Alcune particelle, a seconda del tipo e della granulometria, possono penetrare nei polmoni, danneggiare i tessuti e causare malattie gravi, mentre gas e vapori possono passare direttamente nei polmoni, essere assorbiti nel sangue e causare seri danni al cervello e ad altri organi interni.
Ma di tutto ciò, il nostro verniciatore è consapevole? O per mancata informazione e superficiale valutazione dei danni che il suo lavoro può arrecargli, svolge la sua mansione senza aver cura di tutelarsi? Ricordiamogli che a differenza di un infortunio sul lavoro, che è sempre un evento traumatico e repentino, una possibile malattia professionale si manifesta in modo lento, graduale, progressivo e involontario e che la si contrae nell’esercizio e a causa della lavorazione alla quale egli è adibito.
Immaginiamo invece, che il nostro verniciatore prenda coscienza del fatto che utilizzando prodotti nocivi nello svolgimento della mansione, potrebbe venire lentamente avvelenato giorno dopo giorno, senza sintomi o campanelli d’allarme. Questa presa di coscienza (rischio percepito = rischio reale) lo porterebbe a divenire finalmente parte attiva nella gestione della Sicurezza e si trasformerebbe in collaboratore del datore di lavoro affinchè i rischi residui della sua attività possano essere minimizzati, mediante l’adozione di appositi DPI. Il coinvolgimento diretto del lavoratore, frutto del raggiungimento della corretta percezione del rischio, risulta infatti essere, come studi e ricerche hanno da tempo dimostrato, elemento imprescindibile per la corretta applicazione della normativa vigente.
Speriamo che, in futuro, incontrare all’interno delle cabine, verniciatori protetti da idonee maschere… diventi una regola e non più una piacevole sorpresa!